flammantia moenia mundi
*
per primo un uomo greco osò alzare
(contro)
gli occhi mortali e per primo opporsi (contro),
(e) non lo frenò la fama degli dei nè i fulmini
nè il cielo con il mormorio minacciante, ma questo
stimolò di più l'ardente virtù dello spirito, desiderando per primo
di infrangere gli stretti serrami delle porte della natura.
Quindi prevalse la vivace forza dell'animo, e avanzò a lungo
oltre le mura infiammate dell'universo
e percorse con la ragione e l'animo l'immenso universo,
da cui, vittorioso, riporta a noi cosa possa nascere,
cosa non possa, infine per quale ragione ogni cosa abbia
una legge definita e un limite profondamente fisso.
The flaming ramparts of the world.
photo by Valeria Franzini
photo by Angelo Franzini
"dopo aver curato tanti mali Ippocrate cadde malato e a sua volta morì. Alessandro, Pompeo, Gaio Cesare, che pure tante volte rasero al suolo intere città e fecero a pezzi in battaglia schiere intere di decine di migliaia di fanti e cavalieri, infine anch'essi lasciarono la vita. Dopo tanti studi finali sulla conflagrazione del mondo Eraclito, il corpo gonfio per l'idropisia e la pelle spalmata di sterco, morì. Democrito morì a causa dei pidocchi...Ebbene, ti sei imbarcato, il viaggio é finito, sei giunto all'approdo: sbarca. Se ciò significherà entrare in una nuova vita, lì non troverai più nulla che sia vuoto di dei. Se ciò significherà non sentire nulla, cesserai di provare pene e piaceri" (A se stesso III, 3, Marco Aurelio Imperatore di Roma 160 d.c.).
“Bruciatemi…..Ma se questo non si può fare , sia l’urna cineraria portata in
Sicilia
e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti , dove
nacqui”.
Luigi Pirandello
ESPERIENZE AL CONFINE
Milano Inverno 1988
Venni chiamato in un importante Ospedale Milanese per un
consulto al letto di una paziente di 57 anni
“in coma” dopo una emorragia del tronco cerebrale.
In realtà questo consulto mi era stato richiesto dalla
caposala della sala operatoria del mio Ospedale (amica dei parenti della
paziente) e non potevo rifiutare pur considerando la assoluta inutilità di
questa mia visita .
Quando giunsi al letto della paziente mi stupii che la
paziente non fosse ricoverata nel Reparto di terapia intensiva (era in respiro
spontaneo) . La malata era in corsia ma era stato posizionato un “separè” da
sartoria attorno al letto come si usava nelle corsie quando un paziente stava morendo.
Questo particolare del separè mi aveva ulteriormente
convinto della inutilità della mia visita.
Era tardi , in corsia solo parenti semi rassegnati e
infermieri premurosi e silenziosi come spesso avevo visto quando un paziente in
corsia sta morendo.
In cartella , dopo una breve anamesi e la descrizione della
emorragia cerebrale mostrata dalla TAC era riportato breve esame neurologico
che decretava “paziente in coma irreversibile”.
In ogni caso ormai non potevo far altro che effettuare
quelle manovre stereotipate che mi avrebbero permesso di decretare
l’irreversibilità della situazione e la prossima fine della paziente con le
assicurazioni di rito : “non soffre , non si è accorta di niente”.
Le pupille dilatate non erano reagenti , gli occhi erano aperti
, non vi era alcuna risposta allo stimolo doloroso. Stavo per dire
all’infermiera di chiamare i parenti quando gli occhi della paziente si
chiusero di scatto senza alterazioni del debole respiro (evidente solo per
leggerissimi e regolari movimenti della parete addominale) . La paziente era
perfettamente cosciente e cercava di comunicare nell’unico modo a lei possibile
: il movimento delle palpebre.
Organizzai il trasferimento nel mio reparto (Neurochirurgia)
.
La paziente fu sottoposta ad intervento chirurgico di
svuotamento dell’ematoma del tronco infatti la chirurgia stereotassica ci
permetteva di intervenire con sicurezza anche in strutture anatomiche
altrimenti non raggiungibili. Successivamente evidenziammo la causa
dell’emorragia che era una malformazione vascolare. Anche la malformazione fu
rimossa chirurgicamente.
Nonostante il brillante intervento la paziente rimase
paralizzata ai 4 arti e tuttora può effettuare solo piccoli movimenti delle
palpebre ed emettere suoni inintelligibili. Quando dopo mesi di riabilitazione
riuscì ad esprimersi con l’aiuto di un apposito computer dedicato , mi scrisse
una lettera.
Mi insultava e mi malediceva per averla sottratta al suo
“destino” e mi accusava di averla costretta a quotidiane sofferenze fisiche e
psichiche per il resto della sua vita.
Milano , inverno 1989
Le esperienze più tremende avvengono sempre durante
l’inverno.
Da circa 2 mesi un paziente di 43 anni “in stato vegetativo”
era ricoverato nel nostro Reparto in corsia dopo un lungo periodo in terapia
intensiva e dopo un intervento di asportazione di un tumore “benigno”. La suora
del reparto lo accudiva con costanza e sollecitudine e alcune delle infermiere
si erano forse affezionate , altre protestavano per la fatica di lavare
quotidianamente quel corpo inerte privo di ogni reazione. Io giovane medico incosciente
scherzavo per sdrammatizzare quando medicavo decubiti e ferite chirurgiche che
faticavano a guarire.
Tutto procedeva “regolarmente” quando un giorno il fratello
del paziente mi disse che il poveretto desiderava sposarsi (sic!). La suora che
era presente al colloquio disse “ ma è già spostato”. In effetti tutti i
pomeriggi dopo le sei una donna veniva a fargli visita e dopo pochi minuti si
allontanava quasi furtivamente. Un giorno che ero di guardia la donna mi cercò e
anche lei manifestò la strana richiesta di matrimonio . Era convinta che il
paziente esprimesse questo desiderio con piccoli movimenti del volto e di una
gamba ad ogni visita pomeridiana. In
effetti mi resi conto anche io che qualche cambiamento di espressione poteva
esserci anche se non era quantificabile con l’esame neurologico. Organizzai il
matrimonio con il parere della suora “ufficialmente” contrario in quanto il
paziente era già stato sposato e il suo stato civile di divorziato rendeva
questo nuovo matrimonio un poco peccaminoso.
Ancora oggi sorrido quando ricordo che il problema del
pregresso matrimonio con relativo divorzio aveva preso il sopravvento sulla
triste realtà di quella condizione neurologica “irreversibile”.
Il matrimonio fu celebrato al letto del paziente alla
presenza di un assessore comunale in lacrime, le infermiere e il fratello del
paziente come testimoni e io come interprete e garante delle volontà del
paziente. Il mio ruolo era di
leggere e interpretare l’espressione del volto del paziente e alla fatidica domanda “ vuoi tu ……” nulla si mosse e il sonno apparve profondo
nella sua irrevocabilità , l’assessore balbettava “ io non posso….”. Fu la suora che mi venne in aiuto e dall’altro
lato del letto effettuò una furtiva e dolorosa puntura nel sedere del paziente
con un grosso ago e provocò un inevitabile riflesso di retrazione dell’arto
inferiore. Fu facile attribuire al quel misero riflesso antalgico il
significato di un entusiastico assenso. L’assessore completò la procedura
civile e fuggì in lacrime ripetendo sconsolato “non chiamatemi più”. La mia
illusione di essere interprete tra due mondi contigui ma separati svanì e
quando chiesi alla suora perché l’avesse fatto , lei mi rispose pacatamente che
l’aveva fatto per fare avere alla povera novizia la pensione di reversibilità “
hanno un bambino di un anno…..”. Purtroppo negli ospedali non ci sono più le
suore.
Milano , autunno 1983
Paziente di anni 59 affetto da neoplasia dell’apice
polmonare destro. Il paziente era ricoverato nel nostro reparto di
neurochirurgia per una sindrome dolorosa non trattabile con i farmaci. Il
tumore aveva invaso il plesso brachiale provocando dolore lancinante continuo a
tutto l’arto superiore destro (sindrome di Pancoast).
Venne sottoposto ad intervento chirurgico di cordotomia .
Tale intervento consiste in una lesione
chirurgica praticata
nel midollo cervicale allo scopo di interrompere le fibre nervose che
trasmettono al cervello il dolore.
“Sedare dolorem divinum est” dicevano gli antichi romani riferendosi al dolore
intrattabile continuo incoercibile che
accompagna molte malattie. Eravamo molto fieri del nostro operato.
La scomparsa del dolore immediatamente dopo l’intervento
provocò nel paziente uno stato di euforia .
La notte , quando si addormentò smise di respirare e divenne
cianotico .Il vicino di letto , pur
essendo stato operato poche ore prima di asportazione di ernia del disco ,
chiamo l’infermiera e nel trambusto il
paziente si risvegliò riprendendo a respirare e riacquistando un colorito
accettabile.
Tale episodio si ripetè più volte durante la prima parte
della notte.
Quando mi chiamarono e mi raccontarono l’accaduto mi resi
conto che l’intervento effettuato sul midollo cervicale aveva provocato la
sindrome di Ondine. Questa rara sindrome può comparire dopo lesioni midollari e consiste nell’arresto del respiro durante
il sonno ( il nome Ondine si riferisce ad una delle sirene incontrate da Ulisse
nel suo viaggio verso le colonne d’Ercole ; se Ulisse e suoi marinai si fossero
addormentati al dolce canto delle sirene sarebbero morti). Se il nostro
paziente si addormentava profondamente moriva. Il sonno che prima era tormentato
dal dolore ora era liberatorio , profondo ma portava inesorabilmente alla morte
per l’arresto della respirazione (il riflesso automatico che controlla e
riattiva la respirazione dopo le apnee notturne era assente).
Mi sentii inesorabilmente solo di fronte a questo povero
paziente che ci considerava come divinità per avergli tolto il dolore. “Solo”
perché nessuno dei protagonisti di questa storia notturna poteva immaginare la
verità. Quale etica poteva aiutarmi , quale clausola del codice deontologico. “Solo Dio può liberarci dal dolore” avevano
sentenziato i saggi dell’antica Roma. Solo Dio può decidere della vita e della
morte . Come potevo spiegare a questo paziente che il sonno libero dal dolore
sarebbe inesorabilmente stato causa di morte . Come potevo spiegare che la vita
con l’ausilio di un respiratore sarebbe
trascorsa in un Reparto di rianimazione aspettando la ripresa della malattia ,
la ricomparsa del dolore e la morte. Lasciai che si addormentasse al canto
delle sirene.
Nonostante trenta
anni di professione medica in Reparti di Neurochirurgia non ho ancora le idee
chiare sul “confine” che prima o poi tutti dobbiamo attraversare Chi rimane fermo lì a metà strada non deve
essere spinto in avanti ma neanche troppo trattenuto dalle nostre nobili
intenzioni e illusioni. Il progresso tecnologico ci potrà trattenere in vita
sempre più a lungo , questo è sicuro , ma la vita come fenomeno biologico ha una fine biologica . Sia che la morte sia intesa come liberazione
dello “spirito” dalla materia o come restituzione della materia al ciclo
biologico della “madre” terra , nessuno
può interferire………..Il corpo umano è una meravigliosa macchina senza il
libretto di istruzioni e senza la data
della scadenza . Se la scienza ci
illuminerà su questi aspetti non sarà necessariamente una conquista se questo ci
farà soffrire .
Pierre Cecile Puvis de Chavannes
Non parlarmi dei tuoi squali
dalle file di denti e dei tuoi modi selvaggi di rapina.
Che la fede
scacci i fatti , che la fantasia scacci le memorie : io guardo nel
profondo e credo".