ZERO : L'INVENZIONE DEL MILLENNIO
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E' tutta colpa sua, di fratel Gerberto di Aurillac.
Mai sentito nominare? Male, malissimo. Chiamatelo, se preferite, Silvestro II,
il nome che scelse quando fu eletto Papa nel 999 - giusto mille anni fa. Un
Papa matematico. Senza di lui non avremmo né computer né Superenalotto né
navicelle spaziali; astronomi ed economisti non saprebbero a che santo votarsi
e la Chiesa farebbe fatica a calcolare i proventi dell'otto per mille.
"L'avvento dei numeri indo-arabi è stata la più grande rivoluzione
dell'ultimo millennio - dice John Barrow -. E la dobbiamo proprio a Gerberto.
Si era formato in Spagna, dove aveva potuto studiare la scienza e la matematica
degli arabi. Docente di teologia a Reims, insegnò il nuovo modo di contare a
generazioni di chierici e di lì la sua influenza si estese a tutta Europa.
Ottone II l’aveva conosciuto in Italia ed era stato conquistato dalla vastità
della sua cultura e dall’acume del suo ingegno. L’aveva nominato abate di Bobbio e poi l’aveva
chiamato presso di sé ad Aquisgrana dov’era diventato precettore del figlio.Porta
il suo nome la tavoletta calcolatoria che gradatamente rimpiazzò la numerazione
romana. Fu una battaglia epica, ricorda quelle di oggi tra Pc e Mac o tra
Explorer e Netscape. Ma alla fine i numeri arabi ebbero il sopravvento. Perché
erano più pratici, funzionavano meglio". L'ufficio di John Barrow, al
pianoterra di un vecchio edificio di Silver Street, è un magazzino ingombro di
scatoloni. Il celebre cosmologo si è appena trasferito a Cambridge da Brighton,
dove ha tenuto per dieci anni la cattedra di astronomia, e deve ancora
completare il trasloco della sua biblioteca. Ma si sente già a casa, qui
nell'università di Isaac
Newton ("un genio formidabile, certamente superiore a Einstein")
nella stanza accanto al sublime Stephen Hawking.
Oltre a insegnare Scienze matematiche dirigerà il "Millennium Mathematics
Project", un programma che mira a diffondere l'amore per i numeri e a
sfatare la leggenda per cui, come si dice da queste parti, il matematico è
quella persona che non vorresti mai incontrare a un party. "È curioso -
dice Barrow - come la gente si vanti di avere collezionato brutti voti in
matematica. Scopo del nostro progetto è combattere questo tipo di snobismo,
dimostrare che la matematica non è soltanto una forma più nobile di
contabilità, ma qualcosa di vivo, che fa parte del nostro mondo. Basta
sfogliare un giornale per trovare numeri in ogni pagina, dalle lotterie alla
medicina allo sport". Ma torniamo a Gerberto. A quel Papa che dava i
numeri, pardon, che ci ha dato i numeri. Che cosa cambia, con il nuovo modo di
contare? "La novità decisiva - spiega Barrow - è il "valore della
posizione", il fatto cioè che un simbolo cambia valore a seconda del posto
che occupa nella stringa di numeri. Nella numerazione romana, come in quella egizia,
l'uno vale uno quale che sia la sua posizione. La stringa 111 si legge tre,
mentre nel nuovo sistema significa centoundici. È una tecnica molto più
efficiente. E tra le altre cose implica che se una delle caselle è vuota, devi
trovare il modo di esprimere questo vuoto. Così nasce lo zero". Anche
nella scrittura Maya esiste lo zero, rappresentato come una conchiglia o come
un occhio. Ma ha più che altro funzioni estetiche, è una specie di riempitivo.
Il valore "posizionale" dello zero è una conquista indo-araba. Non
tutti gli zeri sono eguali. Dice il Re Lear di Shakespeare:
"Adesso sei uno zero senza cifre davanti. Sono meglio io di te, adesso: io
sono un matto, tu non sei nulla". La rivoluzione matematica non avvenne
senza scosse. Il partito "filo-romano" fece di tutto per boicottare
il nuovo sistema. Nel 1299 a Firenze fu approvata una legge che ne proibiva
l'uso. "I mercanti temevano le frodi. Un malintenzionato, dicevano, può
sempre aggiungere un segno all'inizio o alla fine, cambiando il valore della
transazione. I numeri romani, nei contratti, venivano scritti in modo tale da
impedire che fossero surrettiziamente alterati. Per esempio, due si scriveva IJ
invece di II, per evitare che qualche furbacchione aggiungesse un'altra I alla
fine. Un'abitudine analoga alla nostra di sbarrare gli assegni. Nell'alfabeto
arabo le cifre si possono manipolare più facilmente, uno zero può diventare un
sei o un nove. Comunque sia, alla fine del XIII secolo il sistema indo-arabo
aveva ormai vinto la sua battaglia, era diffuso e praticato in tutto il mondo
conosciuto". Si può vivere senza matematica? Molti pensano di sì, perfino
tra gli scienziati c'è chi crede di poter fare a meno di integrali e derivate.
"Certo, mentre in fisica o chimica tutto viene espresso in simboli
matematici, medici e biologi possono sembrare immuni da queste esigenze. Ma
anche loro si basano sempre più sulle statistiche e sull'elaborazione
informatica dei dati. La matematica - si accalora Barrow - è una specie di
Cenerentola, un brutto anatroccolo che regge sulle spalle tutte le branche
della scienza ma non viene riconosciuto. I computer, le biotecnologie, le
telecomunicazioni, gli aerei, le stazioni orbitanti, non sarebbero possibili
senza la matematica.
Eppure i governi trascurano questa disciplina, le fanno mancare i fondi". Newton
pensava che l'universo obbedisse a leggi matematiche. Un assunto che secondo Barrow
non va preso troppo alla lettera. "Non c'è dubbio che la matematica
funzioni, ha un immenso potere esplicativo e predittivo rispetto ai fenomeni
naturali. Newton usava sistemi di calcolo relativamente semplici per capire il
funzionamento del sistema solare o l'orbita della luna e con una sola legge di
gravità riusciva a spiegare come ogni oggetto cade. Questo non significa che la
matematica possa essere applicata a qualsiasi fenomeno. Supponiamo che lei
voglia studiare in modo quantitativo l'affettività umana: può usare dei simboli
per l'amore e per il disamore, dei valori numerici per indicare l'intensità. Lo
può fare, ma non otterrà nessun risultato significativo. Ci sono dei problemi
molto complicati per i quali la matematica non è efficace. Una sinfonia di Beethoven si può
benissimo descrivere come una serie di variazioni nel grafico della pressione
atmosferica. Ma a che cosa servirebbe?".
Murray Gell-Mann,
il papà del quark, sostiene che presto saremo in grado di elaborare equazioni
per misurare e anticipare i "sistemi adattativi complessi", dalle
bizze del clima a quelle dell'economia mondiale. Barrow non nasconde il suo
scetticismo: "Sarei felice se ci arrivassimo, ma è molto difficile. Sono
problemi nuovi, in confronto ai quali i problemi della chimica, della fisica o
dell'astronomia sembrano dei giochi da ragazzi. Occorrono computer molto
potenti per simulare il caos: gli stormi degli uccelli, il comportamento delle
Borse, il formarsi delle dune di sabbia. Un giorno forse si potrà concepire un
modello matematico capace di spiegare come le cose si autoorganizzano.
Prendiamo un mucchio di sabbia: se aggiungiamo dei granelli, il mucchio diventa
più alto e più ripido finché, arrivato a un certo livello, la sua ripidezza non
aumenta più. Si creano delle frane che ripristinano l'equilibrio
spontaneamente. Ogni granello tende a rotolare giù, non rimane dove l'hai
messo, e segue una traiettoria caotica. Non puoi prevedere dove andrà a
posarsi.
L'apparente stabilità del sistema poggia su una microscopica instabilità.
Questo è un modello che si applica anche ad altri fenomeni, dai terremoti alle
eruzioni vulcaniche, ai crack finanziari, agli ingorghi del traffico". Una
cosa comunque è certa, conclude Barrow. Mille anni dopo la svolta di Gerberto,
la matematica ha ancora un grande avvenire davanti a sé. Basta non averne paura
e imparare a goderne i lati divertenti. Il teorema di Fermat è stato
dimostrato, ma altri enigmi restano da risolvere. "Per esempio la
congettura di Goldberg.
Questo matematico tedesco, in una lettera a Hoyle nel 1742, ha
sostenuto che ogni numero pari è la somma di due numeri primi.